Tappo a vite.
Indagine sulla percezione
degli operatori vitivinicoli

Tappo a vite.
Indagine sulla percezione
degli operatori vitivinicoli

La nostra “istantanea” sul modo di percepire il tappo a vite tra gli operatori del settore fa emergere importanti fattori di resistenza in grado di rallentarne pesantemente l’adozione. Tra gravi pregiudizi culturali e carenza di aggiornamenti tecnici.

L’intento della ricerca realizzata per Guala Closures è quello di sollecitare una riflessione sui retaggi culturali, spesso confusi e contraddittori, che frenano la diffusione del metodo di chiusura a vite in Italia. Siamo partiti dall’esame di una narrazione oltremodo retorica e oramai poco difendibile che celebra da sempre la superiorità del materiale “sughero” rispetto all’apertura in alluminio e abbiamo quindi introdotto nelle nostre domande alcune nozioni tecniche, spesso ben conosciute ma volontariamente ignorate dagli operatori del settore, che illustrassero in maniera oggettiva i benefici del sistema di chiusura a vite obbligando il nostro campione a manifestare preferenze di risposta chiare e consapevoli.

Per ottenere reazioni ragionate e organizzate cognitivamente, abbiamo dovuto provocare i nostri rispondenti con precise domande riguardanti dati oggettivi quali il peso reale dei costi, l’assenza di Tca, il raffronto tra vini di alta qualità imbottigliati nelle due modalità sughero e vite, così come affrontare il grande tema della microssigenazione e, soprattutto, la grave latitanza di aggiornamenti tecnici relativi al metodo di chiusura a vite. Ed è proprio rispetto alla diffusione di informazioni specialistiche che ci siamo concentrati maggiormente, consapevoli del fatto che i pregiudizi e gli stereotipi nascono sempre da un processo di categorizzazione “impoverito” attraverso il quale le persone ordinano cose e situazioni in base a categorie semplici, banali e spesso liquidatorie. Ostacolando così la diffusione di nozioni scientifiche pur disponibili nel contesto di riferimento, ovvero dati, saperi e aggiornamenti con i quali ci si dovrebbe invece confrontare costantemente a livello professionale.

Riuscire a fare emergere le convinzioni culturali che fanno letteralmente da “tappo” al sapere e all’innovazione può invece, secondo noi, aiutare il settore a crescere e a trasformare in vantaggio competitivo ciò che oggi viene erroneamente inteso come un minus, riuscendo finalmente a porre la scienza davanti alla credenza. L’obiettivo successivo, sicuramente il più ambizioso, sarà quello di riuscire a generare una discussione saggia e costruttiva intorno a un tema così divisivo come quello del tappo a vite, innescando un dibattito sereno che porti alla luce ulteriori riflessioni tecniche e nuove sperimentazioni utili a tutta la filiera.

Indagine smart working

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L’“istantanea” sul modo di percepire il tappo a vite tra gli operatori del settore fa emergere importanti fattori di resistenza in grado di rallentarne pesantemente l’adozione. Tra gravi pregiudizi culturali e carenza di aggiornamenti tecnici.

L’intento della ricerca realizzata per Guala Closures è quello di sollecitare una riflessione sui retaggi culturali, spesso confusi e contraddittori, che frenano la diffusione del metodo di chiusura a vite in Italia. Siamo partiti dall’esame di una narrazione oltremodo retorica e oramai poco difendibile che celebra da sempre la superiorità del materiale “sughero” rispetto all’apertura in alluminio e abbiamo quindi introdotto nelle nostre domande alcune nozioni tecniche, spesso ben conosciute ma volontariamente ignorate dagli operatori del settore, che illustrassero in maniera oggettiva i benefici del sistema di chiusura a vite obbligando il nostro campione a manifestare preferenze di risposta chiare e consapevoli.

Per ottenere reazioni ragionate e organizzate cognitivamente, abbiamo dovuto provocare i nostri rispondenti con precise domande riguardanti dati oggettivi quali il peso reale dei costi, l’assenza di Tca, il raffronto tra vini di alta qualità imbottigliati nelle due modalità sughero e vite, così come affrontare il grande tema della microssigenazione e, soprattutto, la grave latitanza di aggiornamenti tecnici relativi al metodo di chiusura a vite. Ed è proprio rispetto alla diffusione di informazioni specialistiche che ci siamo concentrati maggiormente, consapevoli del fatto che i pregiudizi e gli stereotipi nascono sempre da un processo di categorizzazione “impoverito” attraverso il quale le persone ordinano cose e situazioni in base a categorie semplici, banali e spesso liquidatorie. Ostacolando così la diffusione di nozioni scientifiche pur disponibili nel contesto di riferimento, ovvero dati, saperi e aggiornamenti con i quali ci si dovrebbe invece confrontare costantemente a livello professionale.

Riuscire a fare emergere le convinzioni culturali che fanno letteralmente da “tappo” al sapere e all’innovazione può invece, secondo noi, aiutare il settore a crescere e a trasformare in vantaggio competitivo ciò che oggi viene erroneamente inteso come un minus, riuscendo finalmente a porre la scienza davanti alla credenza. L’obiettivo successivo, sicuramente il più ambizioso, sarà quello di riuscire a generare una discussione saggia e costruttiva intorno a un tema così divisivo come quello del tappo a vite, innescando un dibattito sereno che porti alla luce ulteriori riflessioni tecniche e nuove sperimentazioni utili a tutta la filiera.

Indagine smart working

La ricerca è scaricabile integralmente.