Ecco come le differenti caratteristiche delle piattaforme social possono essere impiegate dalle aziende per intercettare gli utenti e costruire con loro un capitale sociale più ricco e duraturo.
di Alessandro Battaglia Parodi
L’indagine sulla costruzione del capitale sociale realizzata dai ricercatori della University of Georgia (Usa) ha contribuito ad arricchire la letteratura sulla comunicazione mediata dal computer (CMC) offrendo spunti notevoli su come si instaurano le relazioni tra utenti nei differenti social network.
La dicotomia “bridging/bonding” fornisce infatti uno schema interpretativo molto utile per comprendere come le persone agiscono per raggiungere gli obiettivi sociali desiderati. Ma come possono i brand applicare queste nozioni alle proprie strategie di marketing online e raggiungere in maniera più compiuta i target elettivi?
Diventa dunque interessante applicare queste nuove categorie all’uso quotidiano che facciamo dei social, sia come fruitori ingenui, sia come professionisti della comunicazione.
Per capire meglio questi processi, è meglio allora partire dai due “campioni” di entrambi i poli evidenziati dalla ricerca. Vale a dire Twitter per il “bridging” social capital, e Snapchat per il “bonding”. Evidenziando via via anche i social che impiegano entrambe le modalità e che sono quindi definibili come “intermedi”, quali Facebook e Instagram.
Ecco allora alcuni spunti che possono aiutare imprese e professionisti a migliorare la comunicazione, la creatività e l’abilità nel coinvolgere gli utenti target.
Bridging: un sobrio e autorevole tweet
Quel che unisce le persone su Twitter non sono certo gli amici o i parenti. A fare da calamita tra gli utenti sono infatti gli interessi comuni, ovvero i contenuti. Che sono sempre pubblici e trasparenti, aperti alla discussione e alla valorizzazione tramite l’opinione o il commento.
Su Twitter il tono dei post non è mai sguaiato o “urlato” ma avviene sempre in punta di forchetta. L’educazione e l’eleganza sono infatti le caratteristiche tipiche di questa piattaforma, dove convivono regole ben codificate di etichetta e norme informali di reciproca cortesia.
Twitter è dunque un luogo ideale per restare aggiornati in maniera rapida e sobria su un certo argomento. Ma è anche la piattaforma giusta per chi ama l’attualità e desidera avere un’interpretazione intelligente e di prima mano da parte degli utenti più colti.
Ottimo per la comunicazione di eventi (prima, durante e dopo il loro svolgimento), Twitter è perfetto per fornire un’informazione veloce e puntuale di quanto avviene in un preciso contesto. Complice la lunghezza limitata dei suoi post, la comunicazione è essenziale e tempestiva. E qualora si tratti di un semplice commento, è sempre sintonizzato sull’esigenza informativa immediata. Un tweet può essere freddo e telegrafico, ma anche caustico o sarcastico. In ogni caso il contenuto sarà quasi sempre interessante e dinamico, arricchendo la comunicazione e rinsaldando il legame della community in maniera virtuosa.
L’impersonale esattezza di Twitter consente all’azienda di mantenere la giusta distanza anche da un proprio contenuto scomodo o da argomenti sensibili (es. disaster recovery). Ma senza per questo dover rinunciare alla vicinanza con gli utenti, al loro urgente bisogno informativo e soprattutto al loro senso d’appartenenza.
L’elegante freddezza dell’informazione
“Fare da ponte” con le persone attraverso informazioni rilevanti permette quindi alle imprese e alle organizzazioni di mantenere alta la propria reputazione e autorevolezza. Ma anche di creare un certo distacco dal pubblico, che in ogni caso continuerà a sentirsi aggiornato godendo e partecipando di informazioni di primissima mano.
Al pari del “personal branding” operato da un social molto professionale come LinkedIn, la costruzione della relazione con gli utenti praticata da Twitter permette alle aziende di promuovere se stesse in maniera organizzata, elegante ed efficace.
Insomma, su Twitter la “freddezza” informativa, l’etichetta e l’immediatezza lavorano molto bene insieme.
Infine è importante segnalare l’utilità della piattaforma Twitter Ads, grazie alla quale le aziende possono entrare in contatto con i propri pubblici. Instaurare “conversazioni” sulla base di interessi condivisi e nell’ambito di aree geografiche anche molto specifiche è infatti uno dei punti di forza di Twitter.
Bonding: le differenze tra Snapchat e Instagram
Il social che offre invece i risultati più interessanti in termini di “bonding” nella costruzione del capitale sociale è Snapchat. Come abbiamo visto, la natura “privata” di Snapchat fornisce agli utenti maggiori opportunità di interagire con persone in grado di offrire supporto emotivo e consigli, creando relazioni assai più strette rispetto a quelle degli altri tre social network indagati dalla ricerca. In breve, le relazioni costruite su Snapchat si presentano dense di emotività e ricche di faccende private raccontate tra amici intimi.
Anche Instagram, che si piazza al terzo posto in termini di bonding, permette di inserire un’ampia gamma di colorazioni affettive ad alto contenuto emotivo. Tuttavia, a differenza di Snapchat (che è soltanto una chat, per quanto sofisticata), Instagram è stato progettato come piattaforma “image based”. È cioè un social che valorizza alla massima potenza la qualità e la bellezza delle immagini.
Si dirà che anche su Snapchat le immagini sono spesso filtrate. Tutto vero, ma la loro qualità nativa è del tutto a-professionale e spontanea, quindi è assai casereccia e domestica.
Proprio per questo Snapchat, a differenza di Instagram, permette di comunicare tutte le emozioni, e non solo ciò che è edificante, bellissimo, unico e perfetto.
Ed è forse qui che si trova tutta la forza di questa piattaforma. L’imperfezione. Che unita alla scomparsa degli snaps dopo poco tempo, attira maggiormente i teenagers e i “non-adulti”. Cioè tutti coloro che, come evidenzia la ricerca, non riescono ancora a bilanciare le operazioni di auto-disclosure, cioè il disvelamento di se stessi, con le giuste apprensioni per la propria privacy.
Il regno del “sé imperfetto” e quello del “sé perfetto”
Imperfezione e oscuramento, sono questi i due elementi fondamentali del piccolo successo di Snapchat. I quali contrastano fortemente con l’attitudine di Instagram a pubblicare immagini che mettono in mostra in maniera permanente soltanto gli aspetti migliori del “self”.
Pubblicare le foto più belle del proprio “rullino” di vita è un’operazione assai più matura, fredda e ragionata della spontaneità adolescenziale che governa invece Snapchat.
Le aziende che posseggono un ricco corredo fotografico fanno quindi molto bene a “ragionare” sulle opportunità offerte da una piattaforma visual come Instagram. Il branding veicolato attraverso questo social innalza infatti il valore complessivo della comunicazione aziendale. Ma ciò può avvenire solo nel caso in cui le immagini pubblicate siano costantemente di ottima fattura. Lo sgradevole effetto “self-made” è infatti sempre in agguato, e di certo non fa bene al branding. Insomma, piuttosto che pubblicare immagini caserecce o senza un progetto portante, su Instagram è meglio non pubblicare proprio niente.
Viceversa la natura immatura e un po’ “preverbale” di Snapchat (e soprattutto la sua utenza tipica, stretta nella fascia d’età compresa tra i 13 e i 24 anni, con prevalenza dei 13-18) ne suggerisce l’utilizzo soltanto da parte di quei brand che hanno negli adolescenti il loro core target. Stiamo parlando tipicamente di aziende produttrici di entertainment, di gaming e di abbigliamento. Un range, quindi, piuttosto ristretto di aziende.
Ecco come le differenti caratteristiche delle piattaforme social possono essere impiegate dalle aziende per intercettare gli utenti e costruire con loro un capitale sociale più ricco e duraturo.
di Alessandro Battaglia Parodi
L’indagine sulla costruzione del capitale sociale realizzata dai ricercatori della University of Georgia (Usa) ha contribuito ad arricchire la letteratura sulla comunicazione mediata dal computer (CMC) offrendo spunti notevoli su come si instaurano le relazioni tra utenti nei differenti social network.
La dicotomia “bridging/bonding” fornisce infatti uno schema interpretativo molto utile per comprendere come le persone agiscono per raggiungere gli obiettivi sociali desiderati. Ma come possono i brand applicare queste nozioni alle proprie strategie di marketing online e raggiungere in maniera più compiuta i target elettivi?
Diventa dunque interessante applicare queste nuove categorie all’uso quotidiano che facciamo dei social, sia come fruitori ingenui, sia come professionisti della comunicazione.
Per capire meglio questi processi, è meglio allora partire dai due “campioni” di entrambi i poli evidenziati dalla ricerca. Vale a dire Twitter per il “bridging” social capital, e Snapchat per il “bonding”. Evidenziando via via anche i social che impiegano entrambe le modalità e che sono quindi definibili come “intermedi”, quali Facebook e Instagram.
Ecco allora alcuni spunti che possono aiutare imprese e professionisti a migliorare la comunicazione, la creatività e l’abilità nel coinvolgere gli utenti target.
Bridging: un sobrio e autorevole tweet
Quel che unisce le persone su Twitter non sono certo gli amici o i parenti. A fare da calamita tra gli utenti sono infatti gli interessi comuni, ovvero i contenuti. Che sono sempre pubblici e trasparenti, aperti alla discussione e alla valorizzazione tramite l’opinione o il commento.
Su Twitter il tono dei post non è mai sguaiato o “urlato” ma avviene sempre in punta di forchetta. L’educazione e l’eleganza sono infatti le caratteristiche tipiche di questa piattaforma, dove convivono regole ben codificate di etichetta e norme informali di reciproca cortesia.
Twitter è dunque un luogo ideale per restare aggiornati in maniera rapida e sobria su un certo argomento. Ma è anche la piattaforma giusta per chi ama l’attualità e desidera avere un’interpretazione intelligente e di prima mano da parte degli utenti più colti.
Ottimo per la comunicazione di eventi (prima, durante e dopo il loro svolgimento), Twitter è perfetto per fornire un’informazione veloce e puntuale di quanto avviene in un preciso contesto. Complice la lunghezza limitata dei suoi post, la comunicazione è essenziale e tempestiva. E qualora si tratti di un semplice commento, è sempre sintonizzato sull’esigenza informativa immediata. Un tweet può essere freddo e telegrafico, ma anche caustico o sarcastico. In ogni caso il contenuto sarà quasi sempre interessante e dinamico, arricchendo la comunicazione e rinsaldando il legame della community in maniera virtuosa.
L’impersonale esattezza di Twitter consente all’azienda di mantenere la giusta distanza anche da un proprio contenuto scomodo o da argomenti sensibili (es. disaster recovery). Ma senza per questo dover rinunciare alla vicinanza con gli utenti, al loro urgente bisogno informativo e soprattutto al loro senso d’appartenenza.
L’elegante freddezza dell’informazione
“Fare da ponte” con le persone attraverso informazioni rilevanti permette quindi alle imprese e alle organizzazioni di mantenere alta la propria reputazione e autorevolezza. Ma anche di creare un certo distacco dal pubblico, che in ogni caso continuerà a sentirsi aggiornato godendo e partecipando di informazioni di primissima mano.
Al pari del “personal branding” operato da un social molto professionale come LinkedIn, la costruzione della relazione con gli utenti praticata da Twitter permette alle aziende di promuovere se stesse in maniera organizzata, elegante ed efficace.
Insomma, su Twitter la “freddezza” informativa, l’etichetta e l’immediatezza lavorano molto bene insieme.
Infine è importante segnalare l’utilità della piattaforma Twitter Ads, grazie alla quale le aziende possono entrare in contatto con i propri pubblici. Instaurare “conversazioni” sulla base di interessi condivisi e nell’ambito di aree geografiche anche molto specifiche è infatti uno dei punti di forza di Twitter.
Bonding: le differenze tra Snapchat e Instagram
Il social che offre invece i risultati più interessanti in termini di “bonding” nella costruzione del capitale sociale è Snapchat. Come abbiamo visto, la natura “privata” di Snapchat fornisce agli utenti maggiori opportunità di interagire con persone in grado di offrire supporto emotivo e consigli, creando relazioni assai più strette rispetto a quelle degli altri tre social network indagati dalla ricerca. In breve, le relazioni costruite su Snapchat si presentano dense di emotività e ricche di faccende private raccontate tra amici intimi.
Anche Instagram, che si piazza al terzo posto in termini di bonding, permette di inserire un’ampia gamma di colorazioni affettive ad alto contenuto emotivo. Tuttavia, a differenza di Snapchat (che è soltanto una chat, per quanto sofisticata), Instagram è stato progettato come piattaforma “image based”. È cioè un social che valorizza alla massima potenza la qualità e la bellezza delle immagini.
Si dirà che anche su Snapchat le immagini sono spesso filtrate. Tutto vero, ma la loro qualità nativa è del tutto a-professionale e spontanea, quindi è assai casereccia e domestica.
Proprio per questo Snapchat, a differenza di Instagram, permette di comunicare tutte le emozioni, e non solo ciò che è edificante, bellissimo, unico e perfetto.
Ed è forse qui che si trova tutta la forza di questa piattaforma. L’imperfezione. Che unita alla scomparsa degli snaps dopo poco tempo, attira maggiormente i teenagers e i “non-adulti”. Cioè tutti coloro che, come evidenzia la ricerca, non riescono ancora a bilanciare le operazioni di auto-disclosure, cioè il disvelamento di se stessi, con le giuste apprensioni per la propria privacy.
Il regno del “sé imperfetto” e quello del “sé perfetto”
Imperfezione e oscuramento, sono questi i due elementi fondamentali del piccolo successo di Snapchat. I quali contrastano fortemente con l’attitudine di Instagram a pubblicare immagini che mettono in mostra in maniera permanente soltanto gli aspetti migliori del “self”.
Pubblicare le foto più belle del proprio “rullino” di vita è un’operazione assai più matura, fredda e ragionata della spontaneità adolescenziale che governa invece Snapchat.
Le aziende che posseggono un ricco corredo fotografico fanno quindi molto bene a “ragionare” sulle opportunità offerte da una piattaforma visual come Instagram. Il branding veicolato attraverso questo social innalza infatti il valore complessivo della comunicazione aziendale. Ma ciò può avvenire solo nel caso in cui le immagini pubblicate siano costantemente di ottima fattura. Lo sgradevole effetto “self-made” è infatti sempre in agguato, e di certo non fa bene al branding. Insomma, piuttosto che pubblicare immagini caserecce o senza un progetto portante, su Instagram è meglio non pubblicare proprio niente.
Viceversa la natura immatura e un po’ “preverbale” di Snapchat (e soprattutto la sua utenza tipica, stretta nella fascia d’età compresa tra i 13 e i 24 anni, con prevalenza dei 13-18) ne suggerisce l’utilizzo soltanto da parte di quei brand che hanno negli adolescenti il loro core target. Stiamo parlando tipicamente di aziende produttrici di entertainment, di gaming e di abbigliamento. Un range, quindi, piuttosto ristretto di aziende.
Inoltre la diffusione di Snapchat sulla nostra Penisola è ancora piuttosto modesta. Ragion per cui le aziende preferiscono (giustamente) destinare il proprio budget ad altri canali più interessanti per raggiungere target così giovani, primo fra tutti YouTube.
Facebook e LinkedIn: la forza dell’ibrido
In questa ricerca mancano purtroppo i dati relativi a LinkedIn, un “supersocial” che immaginiamo possa posizionarsi subito dopo Twitter lungo un continuum “bridging vs bonding”.
La natura stessa della piattaforma, ideale per sviluppare rapporti professionali, permette infatti di costruire la propria identità e fare personal branding. Mostrando dunque solo le caratteristiche più interessanti del nostro profilo professionale e mantenendo nascoste le informazioni che non riguardano la carriera. Vale a dire i propri gusti personali, le scelte di vita, le amicizie, le simpatie politiche e così via. Tuttavia anche su LinkedIn è facile imbattersi in considerazioni private che svelano molte caratteristiche personali degli utenti, ben aldilà dell’anagrafica professionale.
Sarebbe dunque interessante conoscere i punteggi relativi al bridging e al bonding anche di LinkedIn. In considerazione anche del fatto che LinkedIn ospita una raffinata piattaforma pubblicitaria (Campaign Manager) in grado di intercettare pubblici professionali anche molto qualificati e verticali.
Tornando alla ricerca, abbiamo visto come gli utenti Snapchat posseggano il capitale sociale più alto in termini di “bonding”, seguiti da Facebook, Instagram e Twitter. Facebook si posiziona dunque al secondo posto nella costruzione di “legami forti”, e comunque in una zona intermedia in cui gode di entrambi gli effetti. È dunque un social ibrido che riesce a ottenere moltissimo capitale sociale tramite “bonding” e una buona quota anche attraverso “bridging”.
La natura “privata” di Facebook porta infatti gli utenti ad aggiungere amici e familiari alla propria rete, ottenendo però un bonding minore rispetto a Snapchat.
Quello che si forma su Facebook è pertanto un mix di pubblico composto da conoscenti più o meno stretti, ma formato anche da tante persone sconosciute. Un fenomeno generato dal fatto che i messaggi su Facebook sono in genere trasmessi a tutte le connessioni piuttosto che a destinatari selezionati.
Auto-disclosure e pulizia formale
SSu Facebook gli utenti (specie i più giovani che entrano nei riti di passaggio verso l’età adulta) compiono un’operazione di “pulizia” selettiva dei post passati. Cancellano cioè informazioni di sé che non vogliono condividere con alcuni particolari pubblici, come i futuri datori di lavoro, docenti universitari o nuove conoscenze importanti. Su Facebook si riesce così a bilanciare il desiderio di condividere con il proprio capitale sociale momenti personali insieme alla necessità di controllare queste informazioni. Minimizzando quindi i rischi associati all’esposizione di cose molto private.
Gli utenti di Instagram e di Twitter sono invece assai meno inibiti nel bridging, e si collegano facilmente con persone che non conoscono affatto. Incluse celebrità e altre figure pubbliche.
Tornando a Facebook, occorre infine sottolineare che il buon livello di bonding del capitale sociale è anche accompagnato da un alto numero di informazioni private. Si tratta di dati personali, anche sensibili, che vengono “regalati” spontaneamente a tutto il network. E quindi alla famelica Facebook, così avida di informazioni personali.
È chiaro quindi che per i brand diventa molto interessante l’utilizzo di questo social per la comunicazione e il marketing. E in particolare della sua potentissima piattaforma pubblicitaria (Facebook Ads Manager). È qui infatti che è possibile individuare pubblici molto verticali. Selezionati proprio sulla base dei gusti, delle abitudini e delle scelte mostrate dai singoli utenti nelle loro attività quotidiane di auto-disclosure. Attività così tipiche di Facebook e così preziose per le aziende.
Inoltre la diffusione di Snapchat sulla nostra Penisola è ancora piuttosto modesta. Ragion per cui le aziende preferiscono (giustamente) destinare il proprio budget ad altri canali più interessanti per raggiungere target così giovani, primo fra tutti YouTube.
Facebook e LinkedIn: la forza dell’ibrido
In questa ricerca mancano purtroppo i dati relativi a LinkedIn, un “supersocial” che immaginiamo possa posizionarsi subito dopo Twitter lungo un continuum “bridging vs bonding”.
La natura stessa della piattaforma, ideale per sviluppare rapporti professionali, permette infatti di costruire la propria identità e fare personal branding. Mostrando dunque solo le caratteristiche più interessanti del nostro profilo professionale e mantenendo nascoste le informazioni che non riguardano la carriera. Vale a dire i propri gusti personali, le scelte di vita, le amicizie, le simpatie politiche e così via. Tuttavia anche su LinkedIn è facile imbattersi in considerazioni private che svelano molte caratteristiche personali degli utenti, ben aldilà dell’anagrafica professionale.
Sarebbe dunque interessante conoscere i punteggi relativi al bridging e al bonding anche di LinkedIn. In considerazione anche del fatto che LinkedIn ospita una raffinata piattaforma pubblicitaria (Campaign Manager) in grado di intercettare pubblici professionali anche molto qualificati e verticali.
Tornando alla ricerca, abbiamo visto come gli utenti Snapchat posseggano il capitale sociale più alto in termini di “bonding”, seguiti da Facebook, Instagram e Twitter. Facebook si posiziona dunque al secondo posto nella costruzione di “legami forti”, e comunque in una zona intermedia in cui gode di entrambi gli effetti. È dunque un social ibrido che riesce a ottenere moltissimo capitale sociale tramite “bonding” e una buona quota anche attraverso “bridging”.
La natura “privata” di Facebook porta infatti gli utenti ad aggiungere amici e familiari alla propria rete, ottenendo però un bonding minore rispetto a Snapchat.
Quello che si forma su Facebook è pertanto un mix di pubblico composto da conoscenti più o meno stretti, ma formato anche da tante persone sconosciute. Un fenomeno generato dal fatto che i messaggi su Facebook sono in genere trasmessi a tutte le connessioni piuttosto che a destinatari selezionati.
Auto-disclosure e pulizia formale
Su Facebook gli utenti (specie i più giovani che entrano nei riti di passaggio verso l’età adulta) compiono un’operazione di “pulizia” selettiva dei post passati. Cancellano cioè informazioni di sé che non vogliono condividere con alcuni particolari pubblici, come i futuri datori di lavoro, docenti universitari o nuove conoscenze importanti. Su Facebook si riesce così a bilanciare il desiderio di condividere con il proprio capitale sociale momenti personali insieme alla necessità di controllare queste informazioni. Minimizzando quindi i rischi associati all’esposizione di cose molto private.
Gli utenti di Instagram e di Twitter sono invece assai meno inibiti nel bridging, e si collegano facilmente con persone che non conoscono affatto. Incluse celebrità e altre figure pubbliche.
Tornando a Facebook, occorre infine sottolineare che il buon livello di bonding del capitale sociale è anche accompagnato da un alto numero di informazioni private. Si tratta di dati personali, anche sensibili, che vengono “regalati” spontaneamente a tutto il network. E quindi alla famelica Facebook, così avida di informazioni personali.
È chiaro quindi che per i brand diventa molto interessante l’utilizzo di questo social per la comunicazione e il marketing. E in particolare della sua potentissima piattaforma pubblicitaria (Facebook Ads Manager). È qui infatti che è possibile individuare pubblici molto verticali. Selezionati proprio sulla base dei gusti, delle abitudini e delle scelte mostrate dai singoli utenti nelle loro attività quotidiane di auto-disclosure. Attività così tipiche di Facebook e così preziose per le aziende.